I referendum sulla giustizia su cui saremo chiamati a votare il prossimo 12 giugno probabilmente segneranno un nuovo record di astensionismo fra gli elettori, nonostante l’abbinamento con le elezioni amministrativo che, sicuramente, frenerà la volontà di disertare le urne.
Ovviamente, se dovesse mancare il quorum non sarebbe un risultato positivo per la salute delle istituzioni . Il referendum è uno strumento fondamentale di democrazia diretta mediante il quale sono stati conseguiti grandi risultati sul piano dei diritti civili.
Però, per evitare di degradare l’istituto sarebbe bene preservarlo per battaglie politiche di alto profilo che possano coinvolgere pienamente gli italiani come sono stati in passato il divorzio e l’aborto.
La giustizia è un tema importante che interessa sicuramente tutti gli italiani. Ma gli elettori non votano sulla giustizia in astratto, bensì su cinque referendum specifici.
Il Comitato promotore ha la responsabilità di avere scelto cinque quesiti che, in alcuni casi, individuano il problema ma indicano soluzioni sbagliate e condivise da una ristretta minoranza; in altri sono incentrati su temi marginali che non hanno nulla a che vedere con i malfunzionamenti del sistema.
Un quesito riguarda la partecipazione degli avvocati alle valutazioni dei magistrati nei Consigli giudiziari. Una questione che, difficilmente, potrebbe attrarre l’attenzione dei cittadini, considerato che, probabilmente, il 95 per cento degli italiani non conosce nemmeno l’esistenza e la funzione dei Consigli giudiziari.
Ancora meno potrebbe appassionare gli elettori se i magistrati che vogliano candidarsi al Consiglio Superiore della Magistratura debbano raccogliere 25 firme di presentatori, oppure possano farne a meno, un problema che, anche per gli addetti ai lavori, sfiora l’irrilevanza.
Il terzo quesito, sulla separazione delle funzioni è sostanzialmente superato, in quanto già previsto dalla Riforma Cartabia.
Rimangono i due quesiti più importanti: la incandidabilità dei politici condannati (c.d. Legge Severino) e la abrogazione della norma che prevede la custodia cautelare per il pericolo di reiterazione del reato.
Sono temi di grande interesse per i quali, però, vengono proposte soluzioni sbagliate, che non tengono conto né delle implicazioni che la eventuale approvazione dei referendum comporterebbe, né della volontà dei cittadini.
Sulla custodia cautelare, ci sono, indubbiamente, degli eccessi che andrebbero corretti. Però, le modifiche dovrebbero essere puntuali e precise, finalizzate ad accrescere le garanzie, intervenendo con norme volte ad accentuare e a rendere più efficaci e tempestivi i controlli interni al processo, con idonei aggiustamenti alle norme del codice di procedura penale.
Ma, introdurre un divieto completo, come prevede il quesito referendario, cancellando, di fatto, salvo per casi piuttosto circoscritti, la custodia cautelare per il pericolo di reiterazione del reato, significherebbe lasciare campo libero ai responsabili di una serie di reati, anche gravi, i quali potrebbero continuare a delinquere impunemente senza correre il rischio di essere arrestati prima di una sentenza definitiva che, nel nostro sistema giudiziario, viene pronunciata dopo molti anni.
Ovviamente, gli elettori, in stragrande maggioranza, sono contrari alla abrogazione perché si rendono conto delle conseguenze di un allentamento indiscriminato delle misure cautelari. Per cui è molto probabile che il 12 giugno si divideranno fra coloro che voteranno no e coloro che non andranno alle urne.
Anche la Legge Severino meriterebbe una revisione. Ma, anche in questo caso, servirebbe un intervento di cesello. Invece, la abrogazione totale, così come proposta da Lega e Partito Radicale, non è una soluzione accettabile ed è, peraltro, in stridente contrasto con la volontà dei cittadini.
In conclusione, l’insuccesso dei referendum è molto probabile. Ma non per un presunto boicottaggio da parte del media o dei politici, bensì per la qualità dei temi e delle soluzioni su cui il corpo elettorale è chiamato a pronunciarsi.
Noi, come Alleanza Democratica, invitiamo i cittadini a votare no perché i referendum sono inutili o propongono risposte che peggiorerebbero ulteriormente la già precaria situazione dell’ordine pubblico. invitiamo, comunque, ad andare a votare per evitare che una bassa partecipazione infligga un altro grave colpo grave alla credibilità dell’Istituto del referendum.